Mi chiamo Maria Pia e sono stata la compagna di Tiziano per quasi 23 anni. Gli ultimi tre abbiamo cercato di trascorrerli nel miglior modo possibile, compatibilmente con la malattia di Tiziano al quale, nel luglio 2015, era stata diagnostica la SLA, sclerosi laterale amiotrofica. Solo il nome incute paura ed era proprio questo il sentimento che abbiamo provato nel sentirla, nonostante ancora non sapessimo a cosa stavamo andando incontro. Lo avremmo scoperto anche troppo presto.
Sì, perché la sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni sia centrali che periferici. Ciò, nel tempo, si traduce in difficoltà di movimento, di parola, di deglutizione e, alla fine, di respirazione. Quando hanno diagnosticato a Tiziano la malattia la nostra vita è cambiata totalmente. All’inizio abbiamo fatto un tentativo di ignorarla, ci concedeva una tregua di tanto in tanto, facendoci tirare un sospiro di sollievo, per poi “regalarci” qualche altro peggioramento che ci faceva precipitare di nuovo e sempre di più nella disperazione. Alle numerose visite, ai tanti controlli ed esami ci presentavamo sempre speranzosi, desiderosi di sentirci dire che le cose erano almeno stabili, ma ogni volta le nostre speranze venivano disattese. La cosa peggiore è l’impotenza, l’incapacità di fare qualcosa e per Tiziano diventava tutto difficile: prima camminare, poi stare in piedi, usare le mani e piano piano anche la sua voce stava perdendo tono. Ad un certo punto al mio compagno, dopo un anno dall’insorgenza della malattia e dopo essersi consultato anche con il suo medico, venne l’idea di sottoscrivere un documento dove sottoscriveva la sua ferma volontà di rifiutare qualunque aiuto che prolungasse artificialmente la sua vita. Io sulle prime tentai di dissuaderlo, discutemmo anche piuttosto a lungo, ma alla fine attraverso la pacatezza tipica di Tiziano arrivai alla sua stessa conclusione. Al termine di tutto questo percorso ci sono due aspetti che desidero evidenziare: quello medico e quello psicologico. Nel primo caso abbiamo incontrato una neurologa dell’ospedale S. Chiara, accurata e disponibile, che non ci mai fatto mancare il supporto non solo sanitario, ma anche umano e solidale, che sono valori, sia per l’ammalato che per i famigliari, di grande importanza, necessari, direi quasi vitali. Inoltre sono entrate in nostro supporto Francesca e Nadia, la prima quale responsabile del gruppo SLA e la seconda nella sua veste di fisioterapista. Sempre pronte ai bisogni e alle richieste, ognuna per la propria competenza. Si sono rese disponibili con grande umanità che, unita alla capacità di risposta, ci ha aiutati a non sentirci soli. Per noi è stato importantissimo e di grande aiuto avere al nostro fianco queste persone, per questo non mi stancherò mai di dire “grazie”, “grazie”, sicura di interpretare anche l’opinione di Tiziano.
Panarelli Maria Pia
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